Come primo post “vero” ho deciso di pubblicare l’ultimo tema
in classe che ho scritto, fresco fresco di correzione. E’ un tema di ordine
generale di argomento “Sport: luci e ombre” che mi è stato assegnato al IV anno
di liceo scientifico. La lunghezza è approssimativamente di 5 colonne (foglio
protocollo) e il voto che mi è stato attribuito è stato 8,5 (complice l’impossibilità
di ricopiare tutto il manoscritto in bella copia che ha leggermente svalutato il compito). Non sono stati segnati errori né grammaticali né di
punteggiatura, sebbene l’insegnante mi abbia riferito che la composizione
sarebbe potuta essere resa più scorrevole (mi piace inserire incisi per dare
delle pause, sò gusti).
Prendetene spunto se ne avete bisogno o leggetelo se può
farvi piacere!
TRACCIA:
Lo sport nella società contemporanea occupa un ruolo
significativo, ma non sempre limpido. E’ ancora un mezzo valido di formazione
alla fatica, alla collaborazione con gli altri, oppure l’aggressività, la
competizione, il risultato a qualunque costo ne hanno stravolto inevitabilmente
la fisionomia?
Analizza luci e ombre che circondano le attività sportive, a
livello tanto amatoriale quanto professionale.
Lo sport e gli eventi sportivi scandiscono i tempi della
nostra vita e scandiranno quella di chi verrà, partendo dall’ambito della
pratica giornaliera, poiché chiunque ha naturalmente bisogno dell’attività
fisica e, conseguentemente, di adattarla ai propri impegni, fino ad arrivare a
quello della visione di eventi televisivi, che ormai rientrano di diritto nella
categoria dello Show-Business. Questi ultimi, anche grazie alla loro
teatralizzazione, sono il vero metronomo della nostra esistenza e punti di
riferimento della nostra memoria. Almeno per quanto mi riguarda, faccio molta
fatica a ricordare una data se prima non l’abbia ricollegata ricollegata al
principale evento sportivo che l’ha caratterizzate: è tramite questo processo
che il 2012 diventa l’anno delle Olimpiadi di Londra o quello della vittoria di
Murray sul prato di Wimbledon, oppure come il 2014 rimanga impresso nella
nomenclatura come l’anno del Mondiale brasiliano e del 7-1 della Germania sui
padroni di casa. E, allo stesso modo delle date, è così che sovvengono tutti i
ricordi, le canzoni, gli accaduti, le sensazioni inerenti al periodo della
manifestazione di riferimento. Passa tutto da lì.
Ma questa smoderata spettacolarità e importanza data, sempre
di più e giorno dopo giorno, ad ogni sport che abbia un bacino d’utenza
sufficiente per sostenerne i costi è un bene o un male?
Quali sono i valori che noi amatori percepiamo realmente, il
tanto sponsorizzato Fair Play o il “ vincere non è importante, è l’unica cosa
che conta” e la cattiveria che la fanno da padrone nell’agonismo? Quanto
influiscono i professionisti su di noi e quanto noi su di loro?
Un concetto fin
troppo sottovalutato è quello che siamo noi spettatori i primi finanziatori
degli sport alla quale assistiamo, perché più è alto l’interesse, più lievitano
gli introiti, non solo per chi gestisce ma anche per società e atleti.
Chiaramente questo accrescimento di pubblico comporta
un aumento dei costi delle pay-tv che , a loro volta, vedono la fila degli
sponsor allungarsi in maniera esponenziale. Ma chi compra gli spazi
promozionali negli intervalli? Non sarà difficile affermare che la quasi totalità degli eventi è
letteralmente monopolizzata dalle società di scommesse, che vedono
inevitabilmente incrementare i proventi maturati sulla falsa promessa della
vincita facile. Il problema sarebbe già grave se ci si fermasse qui ma non
proseguire la trattazione vorrebbe dire lasciare intoccato un problema
moralmente ben più irritante. Infatti, la gravitazione di denaro intorno agli
sport, oltre che all’interno (che rappresenta una problematica economica fin
troppo complessa per poterne parlare brevemente), porta gli stessi
professionisti delle categorie minori ad offrire uno spettacolo già scritto in
partenza per poter lucrare sulle stesse scommesse, che diventano anche un espediente
per il riciclaggio di denaro sporco da parte di chi pilota questa macchina di
illeciti, che siano riferiti al calcio, al tennis o a qualsiasi altra
manifestazione che preveda il gioco d’azzardo sul risultato finale o parziale.
Questo non rende soltanto un’immagine di una cultura sportiva irrimediabilmente
malata ma demolisce totalmente quello che forse è l’ideale più bello che essa
fornisce, ovvero che, in partenza, tutti i partecipanti abbiano uguali
possibilità di ottenere la vittoria. Ovviamente, quando il professionismo entra
nelle nostre case 24 ore al giorno il dilettantismo ne subisce inevitabilmente
l’influenza, positiva o negativa, a secondo di quello che i media mettono in
risalto. E nell’era in cui fanno più notizia scenate, volgarità e capricci
degli sportivi piuttosto che una stretta di mano fra avversari, è ineluttabile
che, dalla tenera età, l’attività non agonistica diventi comunque pura
competizione, molto meno sana di quanto si voglia pubblicizzare, sulla spinta
dei genitori che spesso mettono irresponsabilmente sotto torchio i figli con la
speranza di vedergli calcare i campi di calcio (o di qualsiasi altro sport che
offra loro un posto sotto le luci della ribalta) più importanti.
E’ innegabile, in ogni caso, che fare di tutta l’erba un
fascio spesso sia il modo più semplice di cadere in errore e che quindi si
speri fortemente che tutti i valori che gli sport, specialmente di squadra,
hanno sempre trasmesso, anche e soprattutto a livello amatoriale, per unire la
gente non si perdano mai.
Anche perché, forse, un mondo in cui l’importante è
non partecipare è un mondo in cui non vale la pena di vivere.
Fatemi sapere se condividete le mie idee o se le stesse vi
sono state d’aiuto!